In Italia la formazione professionale è rimasta molto indietro rispetto al resto dell’Europa, peccato però che i ragazzi in cerca di lavoro mettano proprio la formazione come aspetto principale per il proprio impiego “ideale”, al punto che sarebbero disposti a guadagnare meno nell’immediato ed a trasferirsi in un’altra città per l’opportunità di un programma di formazione significativo. La disoccupazione giovanile è un fenomeno che si può combattere.
È quanto emerso dai dati dell’Osservatorio Expotraining, basati su 198 interviste a giovani dai 20 ai 25 anni (Metodo Cawi) sul loro atteggiamento e sulle loro aspettative nei confronti del mondo del lavoro. In particolare sulla formazione si è quindi evidenziato non solo una grande attenzione ma una significativa consapevolezza della sua importanza, e della necessità di intenderla come “continua” e non solo nella fase precedente all’inserimento nel mondo del lavoro.
Nello specifico, il 32% ha messo al primo posto la “Possibilità di accedere a programmi di formazione importanti” tra le caratteristiche del lavoro posti di lavoro ideale, seguito dal 30% che indica lo “stipendio”, il 19% il settore nel quale opera l’azienda, il 10% la prossimità geografica, la flessibilità oraria o comunque la facilità per raggiungerlo.
Del 32% che crede nella formazione continua, più del 60% sarebbe disponibile a guadagnare un po di meno nell’immediato e/o a trasferirsi in un’altra città in Italia o all’estero.
Anche se la disoccupazione giovanile è ancora “inaccettabilmente alta”, i numeri stanno “chiaramente scendendo”, e anche grazie alla ‘Garanzia Giovani’: il 64,1% dei ragazzi che sono rientrati nel programma, dopo sei mesi dalla fine sono ancora occupati. In un’intervista all’ANSA, la commissaria all’occupazione Marianne Thyssen spiega i risultati dell’iniziativa fortemente voluta dalla Commissione europea che la rifinanzierà con due miliardi di euro, per offrire opportunità di lavoro entro il 2020 ad altri due milioni di giovani.
“I numeri della disoccupazione giovanile stanno scendendo più in fretta rispetto a quella degli adulti. Grazie alle misure per i giovani, 1,4 milioni di essi non sono più tra i disoccupati, e 900mila non sono più Neet (né occupati né studenti)”, ha detto la commissaria, precisando anche che è sceso a 15, dai 20 iniziali, il numero di Stati che avrà diritto ai fondi della Garanzia Giovani.
La Garanzia Giovani (Youth Guarantee) è il Piano Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Con questo obiettivo sono stati previsti dei finanziamenti per i Paesi Membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, che saranno investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (Neet – Not in Education, Employment or Training).
In sinergia con la Raccomandazione europea del 2013, l’Italia dovrà garantire ai giovani al di sotto dei 30 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale.
Se sei quindi un giovane tra i 15 e i 29 anni, residente in Italia – cittadino comunitario o straniero extra UE, regolarmente soggiornante – non impegnato in un’attività lavorativa né inserito in un corso scolastico o formativo, la Garanzia Giovani è un’iniziativa concreta che può aiutarti a entrare nel mondo del lavoro, valorizzando le tue attitudini e il tuo background formativo e professionale.
Programmi, iniziative, servizi informativi, percorsi personalizzati, incentivi: sono queste le misure previste a livello nazionale e regionale per offrire opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro, in un’ottica di collaborazione tra tutti gli attori pubblici e privati coinvolti.
Per stabilire in modo opportuno il livello e le caratteristiche dei servizi erogati e aumentarne l’efficacia, si è scelto di introdurre un sistema di profiling che tenga conto della distanza dal mercato del lavoro, in un’ottica di personalizzazione delle azioni erogate: una serie di variabili, territoriali, demografiche, familiari e individuali profilano il giovane permettendo così di regolare la misura dell’azione in suo favore. Dall’ 1 febbraio 2015 le modalità di calcolo del profiling sono aggiornate a seguito del Decreto Direttoriale del 23 gennaio 2015 n.10, che mette fine alla fase di sperimentazione avviata l’1 maggio 2014.
Nel dettaglio le misure previste dalla Garanzia sono:
- Accoglienza
- Orientamento
- Formazione
- Accompagnamento al lavoro
- Apprendistato
- Tirocini
- Servizio civile
- Sostegno all’autoimprenditorialità
- Mobilità professionale all’interno del territorio nazionale o in Paesi UE
- Bonus occupazionale per le imprese
- Formazione a distanza
Meno del 10% delle donne considera di disporre di occasioni di impiego buone e adeguate contro circa il 15% dei maschi. Per la grande maggioranza le opportunità lavorative sono invece scarse (55%) o limitate (33%). E così una grande maggioranza dei giovani si dichiara disponibile a lavori manuali, quelli che forse un tempo non avrebbero preso in considerazione. E non è importante che siano coerenti con la preparazione posseduta purché siano discretamente pagati. Realismo, flessibilità, adattabilità caratterizzano la generazione dei millennials italiani.
Oltre l’80% degli intervistati è dunque pronto a svolgere un lavoro di tipo manuale; 3 su 4 vedrebbero bene una attività in cui potere esprimere la propria creatività. E ciò indipendentemente dai percorsi formativi. Infatti oltre la metà dei maschi e quasi il 60% delle femmine considera scarse le possibilità che l’Italia “offre a un giovane con la tua preparazione”. La classe sociale fa la differenza: il 90% di coloro che appartengono a una fascia bassa pensano che il Paese offra possibilità “scarse” o “limitate” relativamente alla propria preparazione. I giovani di fascia alta hanno un po’ più di fiducia: il 20% le ritiene “adeguate”.
Di chi è la colpa di questa situazione?
La crisi, ma non solo. L’analisi che i giovani compiono offre diversi motivi di riflessione. Per quasi il 30% il problema principale sono i limiti strutturali del mercato che dà poche occasioni, bassa qualità e contratti brevi e precari. In secondo luogo viene la situazione economica complessiva, al terzo posto la “preferenza data ai raccomandati”, al quarto la “minore esperienza” (15,4%). Concorrenza degli immigrati e regole troppo rigide si attestano attorno al 5% delle risposte. Solo un intervistato su cento ritiene che i giovani rifiutino alcuni lavori.
Si riscopre quindi il lavoro manuale (pochissimi lo respingono), ma a certe condizioni: remunerazione adeguata, creatività e flessibilità d’orario sono gli aspetti decisivi.
Nella scala dei lavori all’ultimo posto delle preferenze figurano quelli in cui più comunemente le nuove generazioni trovano facili occasioni di impiego, ma evidentemente di bassa qualità. Pochissimi consiglierebbero ad un amico di fare il telefonista di call center (3.5%), l’operatore di fast food (4.2%), o il distributore di volantini (1.6%). Al limite, a parità di stipendio, meglio l’operatore ecologico che lavori di questo tipo (4.6% contro 4.2% donne).
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